Il Museo
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Manifesto di dichiarazione dello sciopero
Lo sciopero agrario del 1908
La Camera del Lavoro di Parma, capeggiata da Alceste De Ambris, a fronte dell’atteggiamento di totale chiusura da parte dell’associazione padronale, l’Agraria di Lino Carrara, che aveva decretato la serrata nei mesi precedenti, scese in lotta il 1 maggio. In realtà le richieste dei lavoratori delle campagne erano semplicemente tese ad avere condizioni dignitose di lavoro e di salario, ma l’atteggiamento padronale fu di totale chiusura, per mettere in discussione perfino il diritto all’organizzazione da parte dei lavoratori. Per i sindacalisti fu l’occasione di mettere in atto la strategia dell’azione diretta, per l’Agraria assestare un colpo definitivo alla Camera del Lavoro e tentare di esercitare un’egemonia sulla società civile. Lo scontro fu durissimo. Gli agrari attraverso i cosiddetti liberi lavoratori e l’importazione di “krumiri” da altre province tentarono di piegare i braccianti e gli spesati in lotta. Questi reagirono potendo contare all’inizio sulla solidarietà dei lavoratori delle altre province (si pensi ai figli degli scioperanti accolti in tante località del paese). L’esasperazione della lotta raggiunse il culmine il 20 giugno quando la sede della Camera del Lavoro fu presa d’assalto dall’Esercito. De Ambris dovette rifugiarsi all’estero. L’anno successivo, a Lucca, si celebrò il processo agli scioperanti arrestati, che si concluse con la loro assoluzione. Lo sciopero che si protrasse per mesi, nonostante la sostanziale sconfitta dei lavoratori, rappresentò un punto di crisi della politica giolittiana, tesa alla pace sociale, e il rafforzarsi in prospettiva della componente sindacalista all’interno del movimento operaio.