L'interventismo
L'esperienza del fronte

Il Museo

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Cartolina del fronte

La morte in trincea
Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra. La “guerra rivoluzionaria” di Corridoni ha finalmente inizio e lui, l’oratore più ascoltato e applaudito nelle “radiose giornate di maggio”, “un religioso della virtù dell’esempio” – come ricorda Masotti – si arruola volontario. Al momento della sua partenza, il 27 giugno, viene assegnato a servizi di retrovia a causa delle precarie condizioni di salute (la tisi ormai lo affliggeva da anni), ma è lui a insistere per essere inviato al fronte. Saranno mesi d’inferno, nei quali egli alternerà momenti di euforia e di ardimento estremi a fasi di ripiegamento interiore sugli orrori della guerra e sul suo personale dramma di uomo che aveva spinto altri uomini verso quella che giorno per giorno si rivelava essere una tragedia e una carneficina senza scampo e senza speranza. Filippo trova la morte per ferita d’arma da fuoco in seguito ad un assalto alla trincea delle Frasche presso  San Martino del Carso, il 23 ottobre 1915.  Risulta così profetica la sua eroica affermazione: “Morirò in una buca, contro una roccia o nella corsa di un assalto ma, se potrò, cadrò con la fronte verso il nemico, come per andare più avanti ancora!”. Il suo corpo non verrà mai ritrovato.  Viene decorato alla memoria con medaglia d’argento al valor militare, decorazione che Benito Mussolini fa convertire in medaglia d’oro nel 1925.